𝗢𝗴𝗴𝗶 𝗲̀ 𝗦𝗮𝗻𝘁𝗮 𝗟𝘂𝗰𝗶𝗮 e desidero condividere insieme a voi qualche riga di una recente intervista a 𝙑𝙞𝙣𝙘𝙚𝙣𝙯𝙤 𝙈𝙤𝙡𝙡𝙞𝙘𝙖. Il grande giornalista, esperto e innamorato della musica, è diventato cieco a causa di una malattia congenita, e dice di avere imparato a memorizzare strade e colori. In questa intervista, realizzata da Walter Veltroni, racconta la sua condizione trasmettendo energia positiva. Dice anche che 𝗹𝗮 𝘀𝘂𝗮 𝗰𝗮𝗻𝘇𝗼𝗻𝗲 𝗽𝗿𝗲𝗳𝗲𝗿𝗶𝘁𝗮 𝗲̀’ 𝗦𝗔𝗡𝗧𝗔 𝗟𝗨𝗖𝗜𝗔 di Francesco De Gregori, e oggi cade proprio la giornata a lei dedicata, la protettrice della vista.
Le azzurre ipovedenti Martina e Chiara: amore incondizionato per lo sci
Martina, friulana di 17 anni, affetta da albinismo, e Chiara, trentina di 26 anni, affetta da glaucoma, hanno partecipato alle Paralimpiadi cinesi. Si sono impegnate nelle gare di discesa e di slalom, guidate da un atleta vedente che le precedeva e che, attraverso gli auricolari, le avvisava delle curve, dei paletti, degli ostacoli. Hanno gustato lo sci e la neve come pochi altri. Amano le sfide, meglio se sono difficili, quasi impossibili. Praticano anche l’arrampicata su roccia. Martina, che è impegnata anche nello studio scolastico, soffre di fotofobia intensa, ma ama la neve e il sole. La sua guida è Ylenia, di Tarvisio, che non conosceva lo sport paralimpico e che da quando ha conosciuto Martina si è completamente dedicata a questa nuova passione, vivendo in simbiosi con lei.
La guida di Chiara è Fabrizio, grazie al quale si è innamorata della neve, sulla quale ha trovato la libertà. A differenza di Martina, ipovedente dalla nascita, lei ha perso la vista a 18 anni e, solo dopo aver accettato la sua disabilità, ha capito che poteva diventare un’atleta.
“Sentire l’aria sul viso data dalla velocità e percepire i cambi di pendenza grazie ai comandi della guida e alla sensibilità dei piedi è incredibilmente bello!”
Martina vede praticamente solo le figure grandi, ma sfocate, Chiara vede come attraverso un piccolissimo foro, circondato dal nero assoluto.
Amano lo sci, la montagna, la neve come pochi altri.
Aumenta il numero dei bambini miopi
L’oculista pediatrico dell’Ospedale di Negrar, il Dr. Giuliano Stramare, lancia un allarme circa i danni provocati agli occhi dei bambini dalla segregazione imposta dal Covid e che si possono proiettare in fenomeni negativi nell’età adulta.
Passare troppe ore davanti a pc, palmari, tablet, tv, smartphone, tenendo lo sguardo su distanze corte, in condizioni di luce artificiale, sta causando un’impennata di miopie giovanili. E’ un fenomeno in crescita, cominciato un decennio fa e ora peggiorato a causa del confinamento in casa. La DAD, inevitabile quando l’alunno non può frequentare la scuola, purtroppo aumenta il fenomeno. Bisogna imparare ad alternare l’attività di studio ad attività all’aperto (passeggiare, guardare in lontananza, fare sport, giocare). Ogni 60-90 minuti è necessario staccarsi dallo schermo e rilassare la vista: il miglior rilassamento è guardare verso l’infinito, i monti, la pianura, il mare.
Il bambino affetto da miopia, se per molte ore è costretto a fissare uno schermo per vicino, abitua l’occhio a mantenere il fuoco solo a 30-50 cm, e se solleva la testa vede ancora peggio per lontano, non mette più a fuoco anche a pochi metri di distanza. Peggio ancora se, per rilassarsi, si concentra su un videogioco: è inevitabile che si manifesti il “mal di testa da sforzo visivo”, che si risolve andando a socializzare all’aperto. Da adulto, inoltre, ha maggior rischio di distacco di retina, maculopatia, glaucoma.
Anche nei bambini con il difetto opposto alla miopia, cioè l’ipermetropia, si manifestano sintomi quali affaticamento visivo, mal di testa, occhi rossi, disattenzione scolastica. Idem per i bambini astigmatici.
In definitiva i bambini che accusano un difetto visivo peggiorano se guardano troppo gli schermi digitali. Ma anche i bambini emmetropi (senza difetto visivo) vanno incontro a disturbi e possono diventare miopi.
Da un interessante articolo del Corriere del Veneto, 23 gennaio 2022
I super poteri di chi è affetto da TETRACROMATISMO
Leggo sul Corriere della Sera del 31 gennaio 2021 un articolo che parla del caso di una donna affetta da TETRACROMATISMO. Non si tratta di una malattia, ma di una particolare variante genetica che consente, a chi ne è portatore, di avere una capacità di distinguere i colori 100 volte superiore alla media.
Il caso è già stato reso noto qualche anno fa, ma merita di essere ripreso. La donna, di origini italiane, vive in California, è un’artista, dipinge e insegna Arte. Fin da bambina riusciva a dipingere con una fantasia e un’originalità fuori dal comune. Si è resa conto della sua dote particolare solo più tardi quando, cercando di far notare ai suoi alunni la varietà di colori esistenti nell’ambiente, in realtà li vedeva solo lei.
“Scorgete la luce sull’acqua?”
“Riuscite a vedere quel rosa luccicante su quella roccia?”
“Percepite il rosso sul bordo di quella foglia lì?”
Tutte le cose le appaiono più ricche di colori di quello che percepiscono gli altri.
Andiamo ad approfondire la materia in oggetto
La maggior parte di noi possiede tre tipi di recettori retinici, chiamati CONI, responsabili della visione centrale, diurna, a colori. Essi sono sensibili al Rosso, al Verde e al Blu. L’aggiunta di un quarto recettore aumenta a dismisura la capacità di cogliere nuovi colori, che non possiamo neanche concepire. La nostra paziente, artista, ha tratto vantaggio da questa sua dote, dipingendo quadri, scegliendo le tinte dal mosaico di colori che i suoi occhi le inviano. A volte, però, questa sovrabbondanza di colori può diventare un guaio, se il soggetto si trova in un ambiente già coloratissimo.
Altre curiosità
La maggior parte dei “tetracromatici” è di sesso femminile mentre, al contrario, la maggior parte dei daltonici è di sesso maschile. Nei daltonici c’è una alterata percezione dei colori che può riguardare l’incapacità di vedere il rosso, il verde o, più raramente il blu o tutti e tre. In questi casi c’è un malfunzionamento dei coni. Scoprire il daltonico è abbastanza facile per un oculista, mentre non si può dire per il tetracromatico.
Proprio per sottolineare la trasmissione genetica di queste particolarità visive, concludiamo informandovi che la figlia della nostra artista è daltonica.
Come aiutare chi ha un deficit visivo
Ti è mai capitato di incontrare una persona con un deficit visivo? Come ti sei comportato? Sai che per aiutarla nella quotidianità bastano 5 semplici gesti? Seguiamoli tutti, non costa nulla!
- Mantieni la distanza di sicurezza
- Usa la voce
- Presentati e parla in modo chiaro
- Chiedi se ha bisogno di aiuto
- Fornisci indicazioni puntuali
Dati provenienti dall’AGENZIA INTERNAZIONALE PER LA PREVENZIONE DELLA CECITÀ-IAPB ITALIA ONLUS
Dottore, ma quando finirà la pandemia?
Oggi vi ripropongo un articolo che reputo davvero interessante, pubblicato in una rivista medica e scritto dalla Dr.ssa Roberta Villa, medico, giornalista e divulgatrice scientifica. Utile per comprendere la situazione che stiamo vivendo e che ci prepariamo ad affrontare.
“Quando torneremo alla vita di prima, lasciandoci questo brutto periodo alle spalle?”
Qualcuno si è convinto che la svolta avverrà presto e all’improvviso, come con un colpo di bacchetta magica, quando sarà raggiunta la soglia della cosiddetta “immunità di gregge”: immunità di una percentuale di persone vaccinate sulla popolazione generale sufficiente a bloccare la trasmissione epidemica del virus. Il generale Figliuolo da mesi ventila l’obiettivo del 70 e poi dell’80% di copertura della popolazione bersaglio come indicatore di una situazione tranquilla, stabile, in cui si possono ancora verificare casi isolati, ma che trovano intorno a sé una barriera costituita da soggetti immuni capace di fermare il dilagare del contagio.
Capita così con il morbillo, quando in un ambiente più di 9 persone su 10 sono vaccinate, così da tutelare quell’unico che per età, patologia o altre ragioni non ha potuto (o voluto) ricevere il vaccino. La soglia da raggiungere per ottenere lo stesso scenario con Covid-19 dovrebbe essere più bassa, perché, per quanto contagiosa, la variante delta di SARS-CoV-2 non raggiunge l’R0 oltre 15 tipico del virus del morbillo. Eppure, secondo gli esperti, è molto improbabile che un quadro del genere si realizzi con Covid-19 per una serie di ragioni evidenti: non abbiamo ancora un vaccino per i minori di 12 anni, che rappresentano una parte importante della popolazione, a stretto contatto quotidiano nelle scuole; le campagne vaccinali non sono omogenee, lasciando interi continenti, come l’Africa, con livelli bassissimi di vaccinazione; infine, ormai sappiamo che l’immunità conferita dalla malattia o dal vaccino non è protettiva al 100% e che con ogni probabilità non è duratura nel tempo come quella contro il morbillo, che in genere si fa una volta sola nella vita. Di Covid-19 invece è possibile reinfettarsi dopo mesi dalla guarigione o contagiarsi, seppure in forma meno grave, nonostante la vaccinazione. La barriera che si dovrebbe creare intorno alle persone non vaccinate quindi è fragile, e non basta la scelta degli altri a proteggerle.
Negli ultimi mesi SARS-CoV-2 ha infatti dimostrato la capacità di evolversi acquisendo, in alcuni casi, oltre a una maggiore contagiosità, una parziale capacità di evadere l’immunità (naturale o indotta dal vaccino). Non dovremo stupirci se nelle prossime settimane emergeranno altre nuove varianti.
Occorre essere pronti a rispondere ai pazienti che ci fanno domande, con la consapevolezza che l’idea di un virus che diventa sempre meno aggressivo, come a qualcuno di noi è stato insegnato all’università, non è compatibile con i principi di Darwin. Come ogni specie, anche i virus tendono a replicarsi e diffondersi il più possibile. In una situazione come quella attuale, in cui ancora miliardi di persone nel mondo sono totalmente suscettibili, e il virus ha una grande capacità di passare da un individuo all’altro giorni prima della comparsa dei sintomi, il fatto che dopo una quindicina di giorni dall’infezione il paziente muoia o si rimetta, per il virus cambia poco. Il fattore selettivo è la capacità di replicarsi e trasmettersi ad altri individui, indipendentemente dagli effetti clinici più o meno gravi sul soggetto infettato.
Se così non fosse, tutti gli agenti infettivi che per millenni hanno devastato l’umanità avrebbero dovuto diventare innocui in pochi mesi: invece, dal virus della febbre gialla a ebola, moltissimi hanno conservato la loro virulenza e quello del vaiolo è stato sconfitto dal vaccino, ma senza mai deporre le armi.
E allora? Non ne usciremo mai? Moriremo di fame, come obietta qualcuno, per non morire di Covid-19? Non è il caso di essere così pessimisti.
I vaccini che il mondo della ricerca ha reso disponibili in tempo record, seppure oggi mostrino i limiti a cui si accennava sopra, restano uno strumento potente per ridurre l’impatto di ogni ondata di contagi.
Grazie alla campagna vaccinale, l’altissimo numero di casi verificatosi nei mesi scorsi nel Regno Unito a causa della variante Delta ha infatti portato con sé un carico di vittime molto inferiore a quella dell’anno scorso, a parità di contagi, sebbene la letalità del nuovo virus, nei soggetti non vaccinati, sia superiore a quella del ceppo precedente. Public Health England ha stimato che i vaccini abbiano prevenuto quasi 100.000 morti solo in Inghilterra. Una cifra superiore a 140.000 è stata calcolata per gli Stati Uniti. Maggiore sarà il tasso di persone vaccinate, quindi, minore sarà la quota di infetti e, tra questi, ancora meno quelli che richiederanno cure ospedaliere, alleggerendo le strutture.
Altri vaccini basati su tecnologie più tradizionali di quelli attualmente in uso in occidente potranno facilitare l’estensione della campagna vaccinale a tutto il resto del mondo, riducendo il rischio che, circolando, il virus si evolva in nuove varianti. Contro queste ma anche, si spera, contro altri coronavirus pronti a fare spillover in qualche parte del pianeta, potremo forse mettere in campo vaccini innovativi ad “ampio spettro”, anti pancoronavirus, che sono già in fase avanzata di studio.
La continua ricerca di cure efficaci porterà frutto, non solo contro le forme più gravi ricoverate in ospedale, ma anche per controllare l’evoluzione della malattia in fase domiciliare. Se si riuscissero a realizzare antivirali efficaci come quelli contro HIV, anche la trasmissione del contagio potrebbe essere ulteriormente abbattuta.
Forse la tecnologia ci verrà incontro con metodi di tracciamento elettronico efficaci come quelli usati in Oriente, ma in grado di rispettare la nostra privacy come è imprescindibile in Occidente.
Il virus resterà tra noi, non diventerà “più buono”, né sarà paragonabile a un raffreddore, ma noi impareremo a conviverci, che non significa rassegnarsi ai suoi effetti, ma abituarsi a difendersi con tanti piccoli gesti quotidiani.
La consapevolezza che una pandemia è possibile, e l’esperienza di che cosa comporta, produrranno probabilmente dei cambiamenti duraturi. Il nostro stile di vita potrebbe a sua volta evolversi per cercare meno assembramenti. Si tornerà a viaggiare ma probabilmente in molti casi si manterrà l’abitudine dei meeting online, con una minor perdita di tempo, denaro, emissioni di CO2, grazie alla riduzione dei viaggi aerei. Qualcuno non rientrerà in ufficio e continuerà a lavorare da casa, bar e ristoranti potrebbero mantenere i tavolini all’aperto. Continueremo a lavarci le mani, a usare gel disinfettanti, a tirar fuori dalla tasca la mascherina per quando le circostanze lo richiedono. A preferire incontrarci all’aria aperta invece che stipati in locali affollati. Ma torneremo a vivere, come l’umanità ha sempre fatto, dopo epidemie più spaventose di questa, senza i mezzi di cui disponiamo oggi.
Dr.ssa Roberta Villa, medico , giornalista e divulgatrice scientifica
La fatica di osservare e ricordare
Ho trovato interessante un articolo del regista Davide Ferrario sulla difficoltà che spesso incontriamo nel guardare e nel memorizzare tutto ciò che vediamo. Ho aggiunto qualche mia considerazione, tenendo conto anche del mio fattore età che comprende una certa dose di amnesia senile fisiologica. Però è anche vero (sono stati fatti esperimenti su una popolazione studentesca giovane) che il cervello, oggigiorno, fatica a ricordare le immagini viste, sia perché sono troppe, sia perché c’è un deficit di attenzione.
Per esempio, a tutti noi capita di iniziare a rivedere un programma tv registrato per poi scoprire che l’avevamo già visto.
Siamo ormai bersagliati da troppi stimoli visivi che portano ad una perdita di concentrazione. E’ stato accertato che se stiamo guardando uno schermo suddiviso in tanti piccoli riquadri o meglio, in tanti piccoli schermi, e poi li spegniamo tutti tranne uno, la nostra attenzione non rimane del tutto concentrata su quell’unico riquadro, ma rimane aperta anche a tutti gli altri schermini neri. Può sembrare una elasticità mentale ma è piuttosto una incapacità a concentrarsi su un unico punto. Cominciando questo comportamento (multitasking, cioè fare più cose contemporaneamente) fin da giovani, si rischia di perdere non solo parte di memoria ma anche la capacità di discutere di un singolo problema e la proprietà di linguaggio corretto. Di recente, purtroppo, la DAD cioè la didattica a distanza, ha messo in luce notevoli carenze in materia di apprendimento da parte degli studenti perché non sufficientemente concentrati.
In ambito cinematografico “noi di una certa età” ci ricordiamo il Cinemascope cioè la proiezione di un film su un grandissimo schermo, che ci faceva tenere il mento all’insù e gli occhi sbarrati. Attorno allo schermo c’era però il buio e le immagini proiettate mostravano per lo più azioni lente. Se il film non ci interessava, facilmente cadevamo in preda al sonno, anche se eravamo circondati da un migliaio di spettatori silenziosi e invisibili. Ora, se entriamo in un multisala, lo schermo è grande, il suono è forte, le immagini sono veloci, gli spettatori presenti sono pochi e buttano un occhio al film e uno allo smartphone (non c’è più il buio in sala). In compenso adesso gli spettatori non fumano. Le immagini rapide del film e il multitasking non giovano alla memoria, e il film viene ricordato meno. Dal Cinemascope siamo passati allo schermo tv e poi a quello del pc, del tablet e dello smartphone. Si restringe la grandezza dello schermo e si restringe ulteriormente il numero degli spettatori (uno). Paradossalmente siamo portati a cercare più i particolari che non il senso generale. Talvolta mi capita di guardare anch’io una partita di tennis al telefono e mi illudo di vedere la pallina. Poi penso ad Antonioni e a Tati che hanno girato sequenze di tennis senza pallina, e mi viene da sorridere!
Ci stiamo abituando a guardare con lo schermo e non con gli occhi. Una volta il cameramen inquadrava una scena chiudendo un occhio e incollando l’altro sul mirino-cannocchiale, sotto un telo nero, così da escludere tutto ciò che era al di fuori della scena principale. Ora inquadriamo la scena con il cellulare, ingrandiamo o alteriamo l’immagine filmata e contemporaneamente teniamo aperta l’attenzione a ciò che sta al di fuori della scena. La realtà rischia di diventare l’immagine dello smartphone. Solo se questa viene filmata, siamo certi che esista l’oggetto della nostra attenzione. Il buon Antonioni aveva già previsto che la cosa fotografata era più vera di quella reale, che l’occhio sarebbe stato un testimone meno attendibile della macchina fotografica. Ora, per essere ancor più sicuri di certificare il vero, l’esistente, ci facciamo il selfie che testimonia la nostra presenza in una scena e soprattutto la veridicità della scena. In altre parole non ci fidiamo più della nostra memoria. Il nostro sguardo si è indebolito, quindi non è più capace, da solo, senza la tecnologia, di comprendere e modificare il mondo.
Lo schermo è diventato lo strumento che può intervenire sulla realtà. Non è più una barriera, una difesa (come il suo significato etimologico), una superficie dove si proietta la realtà: è la realtà stessa. Ricordo che negli anni ’80 una serie televisiva inglese proponeva un finto personaggio chiamato Max, creato al computer, che irrompeva sugli schermi delle tv domestiche e impartiva ordini alle persone. Lo schermo era una persona.
Penso che sarà meglio osservare e guardare una cosa alla volta, senza fretta, almeno per ciò che riteniamo importante. Lasciamo la visione rapida e dispersiva per quelle situazioni (tipo i videogiochi) che non sono fondamentali per la vita. Affidiamo pure i ricordi di certi momenti ai video e ai selfie, ma gustiamoci il momento in cui un fatto avviene. La foto delle Tre Cime di Lavaredo è utile per rinfrescare la mia memoria, per attribuire una data ad un evento, ma le emozioni che provo quando osservo da vicino quello spettacolo dolomitico solo gli occhi me le danno.
Ai piedi delle Tre Cime mi sento parte di un Universo, la foto mi fa sentire un turista.
Consigli per guidare persone non vedenti
In Italia il 3% della popolazione (circa 2 milioni di persone) ha un deficit visivo grave.
Se ci sentiamo in dovere di aiutare una persona non vedente a superare un ostacolo o ad attraversare la strada, non dobbiamo essere spinti dalla pietà o dal bel gesto, ma da un sentimento di amicizia, di confidenza, di altruismo incondizionato: il non vedente ci ripagherà con una fiducia totale, “cieca”, perché “vedrà” e sentirà la nostra vicinanza.
Egli ha imparato ad acuire gli altri sensi e a percepire le nostre espressioni, le nostre incertezze e le nostre sicurezze. Per cui dovremo essere semplici, sinceri e sicuri.
“Mi scusi, ha bisogno di aiuto?”
“Si, grazie”
“Mi chiamo Mario, si appoggi al mio braccio e mi segua”.
- Non bisogna prenderlo per un braccio e spingerlo, ma fare in modo che lui stia al nostro fianco e segua.
- Segnaliamo per tempo uno scalino, un ostacolo.
- Aiutiamolo ad usare le banconote (con le monete si arrangia meglio).
- Portiamolo davanti alla porta di una, spiegandogli come sono disposti il wc e il lavandino, e aspettiamolo fuori dalla porta di una toilette.
- Rispettiamo rigorosamente i segnali stradali (strisce, semaforo) e accompagnamolo porgendo il braccio e alzando l’altro braccio per avvisare auto, moto e bici in arrivo.
- Se lo trasportiamo in auto, aiutiamolo ad agganciare la cintura di sicurezza. Se lo accompagnamo in treno o in bus, indichiamogli il posto da sedere e quello per il bagaglio.
Ricordiamo che il non vedente è una persona che vuol vivere con normalità, non desidera pietà né privilegi.
Se vogliamo diventare uomini-guida, instauriamo un rapporto di umanità, che diventerà amicizia e che sarà ripagato dall’esperienza del non vedente, ricca quanto la nostra. Per noi vedenti è una prova, una sfida, che ci farà crescere. Quante cose vedremo accompagnando un ipovedente, alle quali non avremmo mai fatto caso! In quanti modi potremmo spiegare la realtà, che prima ci limitavamo a guardare e basta. Capiremo che per guidare bene è necessario farsi guidare bene, stare attenti alle sue esigenze e ai suoi gusti, in modo da trasmettere serenità e tranquillità. Sarà lui stesso a dirci se è un non vedente dalla nascita o se lo è diventato in età adulta, e così facendo capiremo come descrivere l’ambiente circostante.
- Se il non vedente è accompagnato da un cane guida, ricordiamo di chiedere sempre prima alla persona il permesso di accarezzarlo o dargli da mangiare o dargli indicazioni, perché altrimenti si rischia di distrarre il cane dal suo compito. Si tratta di cani molto ben addestrati, che possono e devono entrare dappertutto, non sono aggressivi, sono puliti, non devono essere spaventati da chi guida o da altri cani, hanno il diritto di passaggio, non pagano il biglietto.
Se vogliamo diventare volontari più esperti, contattiamo l’Unione Italiana Ciechi o il Gruppo Sportivo Non Vedenti o il gruppo Alpini Guide Non Vedenti (premiato dal Presidente della Repubblica il 7 febbraio2020).
LO SPORT PER I NON VEDENTI
Praticare sport è particolarmente importante per il non vedente, per il suo benessere psicofisico e la sua autostima. Possiamo diventare compagni-guida per il tandem, lo sci da fondo, la canoa, il nuoto, l’equitazione, le escursioni in montagna, il nordic walking, le gite culturali. A unire e far crescere le persone sono proprio le differenze (la omologazione è noiosa ). Dai limiti di ciascuno si fa leva per cercare qualità e valori che ci fanno vivere con maggior soddisfazione.
L’amicizia con un non vedente ti fa vedere insieme, con gli occhi dell’anima. (“Guida per guidare persone non vedenti” di Carmelo Rigobello, che ha dato dimostrazione di tutto il suo amore per la cultura, l’arte, lo sport e di tutta la sua umanità).
Io mi sento onorato e orgoglioso di conoscere una persona non vedente come Sebastiano Buccieri, già presidente del gruppo sportivi non vedenti di Vicenza: sportivo, amante della vita, delle relazioni e grande esempio per tutti noi!
Riesci a interpretare questa illusione ottica?
L’illusione ottica che ha vinto il più importante concorso dell’anno, il “Best Illusion of The Year Contest”, è l’incredibile opera chiamata 3D Schröder Staircase, messa a punto dal matematico e artista giapponese Kokichi Sugihara. Si tratta di una riedizione in tre dimensioni della scala di Schröder.
Tra i contest scientifici più popolari e affascinanti emergono quelli dedicati alle illusioni ottiche, che ogni anno coinvolgono fisici, matematici, psicologi, neurologi ed esperti di altri campi per mettere a punto le più bizzarre e incredibili creazioni.
Nella versione originale e bidimensionale si osserva una scala con dei normali gradini che da sinistra a destra vanno dall’alto verso il basso, ma che il nostro cervello può percepire anche nel senso opposto (ruotando l’immagine l’illusione ottica può diventare più evidente almeno per qualche istante, prima che il cervello la “riallinei” alla nostra percezione a causa di un fenomeno chiamato Gestalt Shift).
Come vedrete nel video, la scala presenta il medesimo effetto dell’originale se osservata da una certa prospettiva. Sebbene ciò che vediamo sembri tridimensionale, in realtà la scala è solo disegnata su un foglio di cartone, e a renderla in tre dimensioni ci pensa il nostro cervello che “traduce” ombre e linee convergenti in profondità e distanza. A rafforzare l’illusione ottica l’aggiunta di pareti laterali (queste realmente tridimensionali) e le colonne che sostengono la scala. Nel video viene aggiunto anche un piccolo birillo sul gradino più in alto, che “magicamente”, ruotando la scala di 180°, si sposta su quello più in basso.
Il cervello tende a percepire erroneamente le immagini 2D come oggetti 3D quando sono incorporate in strutture 3D reali”, facendo riferimento alle strutture extra aggiunte nella 3D Schröder Staircase. A rendere ancor più incedibile questa illusione ottica, il fatto che se posta innanzi a uno specchio con la giusta angolatura permette di vedere entrambe le interpretazioni contemporaneamente, cosa impossibile con la scala di Schröder originale. Un’opera davvero geniale.
GUARDA L’ILLUSIONE cliccando qui
COSA NE PENSO DELLE ILLUSIONI OTTICHE
Il tema delle illusioni ottiche ci fa capire quanto eccezionali siano i nostri occhi. Essi riescono a ingannare la mente, che percepisce cose che non esistono o che interpreta in modo sbagliato quello che vede. O non è forse la mente che si lascia ingannare?
LA VISIONE NON E’ LEGATA SOLO AGLI OCCHI, MA NECESSITA DEL CONTRIBUTO DEL CERVELLO PER ELABORARE LE IMMAGINI.
L’occhio è infatti un’appendice del sistema nervoso centrale, fa parte del cervello. Possiamo ribaltare l’affermazione fatta prima e dire che anche gli occhi si lasciano ingannare, come nella pittura trompe-l’oeil , tecnica pittorica che sapientemente usa giochi di luci e ombre e la prospettiva, creando continuità fra arte e realtà e “inganna l’occhio”.
Non facciamoci altre illusioni, credendo che sia opera dell’uomo moderno: Greci e Romani già la usavano per decorare pareti in modo tale da creare l’illusione di vivere in un giardino!
Io mi sono vaccinato al covid-19
Io mi sono vaccinato al covid-19 perché voglio che il virus sia debellato e perché voglio che la crisi economica finisca.
Ma soprattutto perché voglio tornare alla vita normale.
Troppe persone si sono ammalate o hanno perso la vita, troppe persone hanno perso il lavoro o hanno visto compromessa la loro attività, troppi studenti hanno assistito all’evaporazione di un intero anno scolastico, troppa cultura è stata sacrificata, troppa libertà è stata imprigionata, troppa umanità nelle relazioni interpersonali è stata proibita.
Dovremo continuare per un periodo di tempo (più o meno lungo a seconda della percentuale di vaccinati) con mascherina, distanziamento, igiene delle mani, e alla fine vinceremo.
Dovremo continuare per un periodo di tempo (più o meno lungo a seconda della percentuale di vaccinati) con mascherina, distanziamento, igiene delle mani, e alla fine vinceremo.
P.S. se non vogliamo che un’altra epidemia si presenti nei prossimi anni, sarà meglio cominciare a rispettare di più l’ambiente e a non sprecare le risorse. I virus amano vivere da parassiti negli ambienti inquinati, dove vige lo smog, dove è alto il rischio di dissesti idrogeologici, dove la temperatura aumenta, dove il mare è coperto da plastica, dove le sostanze tossiche che noi produciamo ci avvelenano lentamente, dove gli allevamenti intensivi di bestiame producono troppo azoto e anidride carbonica.
L’uomo è sicuramente la specie animale più intelligente vivente sulla Terra, ma non è la più forte e resistente.
Il Covid ci ha insegnato che siamo superbi e fragili.
Dopo un secolo, il ventesimo, di progresso velocissimo in tutti i settori, sarebbe da stupidi tornare indietro.
L’uomo è sicuramente la specie animale più intelligente vivente sulla Terra, ma non è la più forte e resistente.
Il Covid ci ha insegnato che siamo superbi e fragili.
Dopo un secolo, il ventesimo, di progresso velocissimo in tutti i settori, sarebbe da stupidi tornare indietro.
Finalmente una bella notizia…..dietro alla quale sta un progresso medico eccezionale
Ci riempie il cuore leggere notizie come questa pubblicata dal Giornale di Vicenza a pochi giorni dal Capodanno.
VI PARLO DI CATARATTA CONGENITA
Nel secolo scorso era difficile decidere di operare di cataratta un neonato, perché non si era certi del successo dell’operazione. Ora, con le nuove tecniche operatorie, è più fattibile, anche se è ancora complicato e per nulla semplice. Noi siamo abituati a considerare l’intervento di cataratta come una banale routine, come un piccolo intervento ambulatoriale, senza ricovero (40 anni fa il paziente stava a letto per 5 giorni). In realtà, l’intervento è fatto da una serie di passaggi molto precisi, eseguiti al microscopio, che vanno a buon fine per la bravura dell’operatore, dei suoi assistenti e anche del paziente. Tuttavia l’operazione su un adulto può essere rinviata, non è urgente, perché comunque non si compromette il recupero visivo se si aspetta un po’. L’occhio adulto, infatti, ha raggiunto la sua maturità e la mantiene, anche se la cataratta gli impedisce di vedere.
Cosa diversa è l’occhio del neonato, che deve imparare a vedere; ma se la visione è ostacolata da una cataratta, la retina non viene stimolata dalla luce e dalle immagini e rimane cieco. Ecco quindi la necessità di intervenire presto, per rimuovere l’ostacolo cataratta e per permettere ai raggi visivi di stimolare la retina. Tolto il cristallino opaco, bisogna correggere il difetto che rimane (una dozzina di diottrie) mediante lente a contatto o mediante inserimento di un cristallino artificiale, che però dovrà essere sostituito periodicamente perché l’occhio cresce, aumenta le sue dimensioni e quindi varia la quantità delle diottrie.
L’intervento quindi che è stato eseguito a Vicenza è solo il primo passo di un percorso lungo, che si propone di monitorare per anni l’evoluzione dell’occhio operato, che ha una visione meno nitida dell’occhio sano. Nell’adulto, invece, si eseguono alcuni controlli nel primo mese post-intervento, e poi solo se intervengono cambiamenti.
Le cause più frequenti che provocano la cataratta congenita sono la rosolia, contratta dalla madre in gravidanza (per fortuna le ragazze vengono vaccinate), o altre malattie in gravidanza (farmaci, raggi X, scompensi diabetici), oppure anomalie genetiche (Down) o la prematurità. La cataratta può essere unilaterale (e quindi l’occhio colpito può diventare strabico)o bilaterale. Al centro della pupilla nera può evidenziarsi un riflesso bianco (leucocoria), visibile alla luce diurna o di una lampadina. Nel caso di una fotografia fatta col flash, l’occhio ammalato non ha un riflesso rosso normale, ma scuro. Se tutti e due gli occhi sono affetti, essi possono avere movimenti rapidi, chiamati nistagmo. Da tutto quanto si è detto, appare evidente che è fondamentale la diagnosi precoce: prima si interviene, migliore sarà il recupero visivo.
Chi di voi porta le lenti a contatto?
In questo periodo meglio indossare gli occhiali. Vi spiego perché.
Il mio consiglio: meglio evitare le lenti a contatto per un po’.
Gli occhi e in particolare la congiuntiva sono la diretta porta di ingresso per il coronavirus che viene poi trascinato tramite le vie di deflusso delle lacrime all’interno del naso e della gola. Come ci spiega il Presidente della Società Oftalmologica Italiana il dottor Matteo Piovella, il virus è trasmesso principalmente con modalità aerosol dalle goccioline della saliva e contagia le vie respiratorie ma soprattutto e direttamente la mucosa congiuntivale. La congiuntivite virale inoltre è un sintomo precoce della malattia. In pratica gli occhi possono essere la porta d’ingresso di virus e batteri nell’organismo.
Siccome il meccanismo di infezione delle congiuntive è lo stesso in molte malattie o congiuntiviti, gravi o meno gravi, vi consiglio in maniera molto rigorosa di non toccarvi gli occhi con le mani prima di averle lavate e di lavarle spesso.
Il comportamento di questo nuovo virus ci ricorda quanto sia importante avere una cura degli occhi e quanta differenza possono fare poche semplici misure di precauzione.
Inoltre vi consiglio di rinunciare all’utilizzo delle lenti a contatto durante questo particolare periodo o di limitarlo; se non altro ad impiegare quelle monouso. Utilizzare le lenti a contatto significa infatti portare le dita gli occhi più volte nel corso della giornata, il che aumenta il rischio di infezione mentre gli occhiali offrono un livello di protezione dalle goccioline di aerosol che si trovano nell’aria e potrebbero depositarsi sulla superficie dell’occhio.
Gli “occhi sinceri e autoironici” di Woody Allen
“Mio Dio, come sei bella! Bisognerebbe tutti diventare ciechi per un po’ per apprezzare la bellezza”. E’ questa la frase finale del film Hollywood Ending di Woody Allen, dove un regista viene colpito da cecità isterica, psicogena, e finge di dirigere un film. Riconquistata la donna amata, ritorna a vedere e si accorge di aver girato scene strampalate, stroncate pienamente dalla critica americana. La critica europea invece esalta e premia il film, proprio come succede con le opere di Allen. Per inciso, la stessa cosa successe in un film muto di Buster Keaton, dove una scimmia sostituì il regista e ottenne il successo. L’importante quindi è girare scene di verità, con occhi sinceri e autoironici. E se gli occhi non funzionano, la realtà viene apprezzata con altri sensi. E quando gli occhi tornano a funzionare, la realtà appare più bella di prima (non solo la donna amata, ma anche Central Park).
In un’altra opera, stavolta letteraria e di ben altro spessore, ”Cecità” di Saramago, l’umanità viene colpita da un’epidemia di cecità, anche in questo caso fortunatamente transitoria, che svela alcuni pericoli cui può andare incontro il genere umano, se prevale l’indifferenza, il voler non-vedere, e viene meno la solidarietà.
“Secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo, ciechi che, pur vedendo, non vedono”
È’ questa l’amara riflessione della protagonista. Vedere e guardare non sono la stessa cosa: guardare è vedere con occhio critico, razionale, estetico, etico.
Non vediamo più la Via Lattea!!!!!
Lo sapete che per italiani su la Via Lattea è ormai solo un bel ricordo? Lo dicono le statistiche e la causa va attribuita all’ che sta facendo sparire la visione del cielo. Ho letto addirittura che in aperta campagna nella Pianura Padana la luce artificiale ha reso il cielo fino a 6 volte più chiaro. Certo, è un deterrente alla criminalità ma noi così possiamo apprezzare sempre meno il nostro meraviglioso cielo stellato!
Leggere: una passione da coltivare
Visite oculistiche anche al Centro Igea
Vi comunico con piacere che il martedì mattina e il giovedì pomeriggio sono disponibile per visite oculistiche al Centro Medico IGEA in piazza a Castelgomberto, una struttura unica dove operano diversi professionisti della salute.
Per prenotare un appuntamento contattatemi al 335 1007617 oppure scrivetemi a oculista@angelopietropan.it.
Lavoriamo in sicurezza
Per proteggere la salute di tutti e agire nel rispetto delle norme ministeriali, ho realizzato un elenco con alcune norme e consigli di comportamento da tenere nel mio studio oculistico, ricordandovi che visito solo SU APPUNTAMENTO previa telefonata al 335 1007617. Ricordo che lo studio viene igienizzato costantemente e che gli appuntamenti vengono presi distanziati tra loro per evitare affollamenti in sala d’attesa.
- Il virus odia l’igiene pertanto lavatevi spesso le mani
- Mantenete la distanza di sicurezza di almeno 1 metro
- Indossate mascherina e guanti durante tutta la permanenza in ambulatorio
- Il virus non si vede, evitate quindi di toccare le superfici
- Evitate di toccarvi naso, bocca e occhi
- Potete entrare se indossate mascherina e guanti e se non avete avuto sintomi simil-influenzali negli ultimi 15 giorni
Al Proti per fare prevenzione in occasione della Giornata Mondiale della Vista
Ieri 10 ottobre è stata la GIORNATA MONDIALE della VISTA! Dalle 9:30 alle 17 all’Istituto PROTI di Vicenza ho effettuato visite oculistiche gratuite perché il mio obiettivo e di tutti coloro che insieme a me celebrano questa importante giornata, è sensibilizzare sul tema PREVENZIONE della cecità.
La vista è un bene prezioso, un enorme patrimonio che ereditiamo e dobbiamo preservare sin da piccoli L’Agenzia Internazionale per la Prevenzione della Cecità-IAPB Italia onlus offre corretta informazione sulla prevenzione di disturbi e malattie degli occhi e consiglia di sottoporsi a controlli oculistici periodici per la diagnosi precoce, la cura tempestiva delle malattie oculari e l’accesso alla riabilitazione visiva.
QUANDO FARE PREVENZIONE? La prevenzione non ha età: è un dovere per tutti. È importante la visita oculistica alla nascita, entro i tre anni di vita e nei passaggi dei cicli scolastici. Da adulti la visita oculistica periodica va fatta in relazione al tipo di attività svolta e alle condizioni oculari individuali, su indicazione dello specialista. Dopo i 40 anni, quando generalmente insorge la presbiopia (difficoltà a vedere da vicino) è ideale rivolgersi all’oculista ogni due anni e dopo i 65 annualmente.
SE PRATICO SPORT QUALI ACCORTEZZE DEVO AVERE? L’esercizio fisico regolare è un mezzo di prevenzione. Anche la vista ne trae un notevole beneficio, soprattutto se eseguito all’aperto. Massima attenzione per quegli sport che presuppongono un contatto fisico. In caso di trauma all’occhio, è sempre importante rivolgersi subito a un oculista, anche in assenza di dolore acuto.
LA TECNOLOGIA E’ D’AIUTO? Sì, senza dubbio. Oggi disponiamo di lenti correttive molto più sofisticate che in passato e le tecnologie ottiche hanno fatto passi da gigante. Su prescrizione di un oculista si può far ricorso a occhiali oppure a lenti a contatto. In questo caso è fondamentale il rispetto delle corrette norme igieniche: non protrarre i tempi di applicazione delle lenti a contatto, massima pulizia delle mani nel toglierle e metterle, corretta manutenzione, non utilizzare mai l’acqua corrente per lavarle, toglierle immediatamente in caso di fastidi o arrossamenti.
L’uso prolungato degli schermi di cellulari, tablet e computer, di per sé non provoca danni oculari, ma può affaticare la vista. Pertanto è buona norma fare delle pause regolari (in ambienti di lavoro la legge prescrive quindici minuti ogni due ore), limitare i riflessi sullo schermo, evitare di leggere controluce, filtrare la luce blu.
DOVE POSSO TROVARE INFORMAZIONI ATTENDIBILI?
Raccogliere informazioni sul web può aiutare a farsi un’idea, ma le informazioni reperite su internet vanno sempre vagliate con attenzione, perché possono essere imprecise, fuorvianti o errate. Le autodiagnosi devono essere evitate. Solo uno specialista potrà fare una diagnosi precisa.
La Giornata mondiale della vista, promossa insieme all’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) il 10 ottobre 2019, rappresenta un momento ideale per affermare l’importanza della vista. Con le esigenze della vita moderna si ha un “carico” importante a livello visivo sin da piccoli. L’occhio umano è programmato per natura a guardare da lontano; da vicino, invece, deve mettere a fuoco e, quindi, il rischio d’affaticamento visivo è maggiore. Oggi la maggior parte delle attività lavorative e di studio avvengono da vicino e in ambienti chiusi. Ciò comporta la necessità sia di una precisa correzione di eventuali difetti visivi, sia di mettere in atto delle norme di “igiene oculare” come fare frequenti pause, controllare i fattori ambientali (specialmente un’illuminazione appropriata), mantenere una postura corretta e trascorrere del tempo all’aria aperta.
Mi piace ricordare così Andrea Camilleri
Mi piace ricordare Andrea Camilleri, spentosi da poco, autore di una mirabile “Conversazione su Tiresia”.
Lo scrittore era diventato cieco, a causa di una grave maculopatia bilaterale, e si inventò di paragonarsi a Tiresia, personaggio della mitologia greca, colpevole di aver visto Atena nuda e perciò punito con la cecità. La dea successivamente, pentitasi del danno arrecato, compensò Tiresia con il dono della preveggenza.
Che geniali sono stati i Greci: ci hanno lasciato in dono il fondamento della convivenza civile nel mondo occidentale e anche una ricca mitologia, piena di fantasia, di significati psicologici. Io sono convinto che i Greci non credevano veramente nelle loro divinità, ma si divertivano a inventarle, a usarle come personaggi teatrali, come testimoni di storie da tramandare e da insegnare, come esempi di umanità con tutti i suoi pregi e difetti.
Camilleri, profondo conoscitore della cultura greca, si immagina come un Tiresia cieco, che vive per sette generazioni, e che può conversare con pensatori e scrittori di ogni tempo. Che fantasia, che bravura, che semplicità nell’affrontare temi spirituali al cospetto di un pubblico vario. E che meravigliosa capacità di parlare, di scandire un italiano fluente, di usare parole semplici per esprimere concetti profondi. E che forza nell’affrontare la cecità, che volontà di andare avanti, di non lasciarsi frenare, di continuare a insegnare. Grazie maestro per il tuo esempio di vita.
“Ho trascorso questa mia vita ad inventarmi storie e personaggi. L’invenzione più felice è stata quella di un commissario conosciuto ormai nel mondo intero. Da quando Zeus, o chi ne fa le veci, ha deciso di togliermi di nuovo la vista, questa volta a novant’anni, ho sentito l’urgenza di riuscire a capire cosa sia l’eternità e solo venendo qui posso intuirla, solo su queste pietre eterne.”
Andrea Camilleri